Una comunità che programma

Sintesi della giornata 1 marzo.

 

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Il seminario ha preso il via, dopo i saluti di Maura Forni, Responsabile del Servizio Coordinamento Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna, da una rapida illustrazione da parte di Alessandro Finelli dell’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza, dell’evoluzione del sistema di programmazione dagli anni ‘70 ad oggi.

A seguire un’approfondita relazione di Gino Mazzoli, ricercatore di Studio Praxis, a partire dall’analisi del mutamento della società generato dalla crisi, che porta con sé una platea sempre più vasta di cittadini vulnerabili e impone ai servizi sociali di misurarsi con nuove fragilità che coinvolgono non più solamente la fascia di marginalità estrema, ma una fetta ampia di popolazione appartenente al ceto medio impoverito. Mazzoli indica un obiettivo principale alle istituzioni per affrontare le criticità dell’attuale contesto socio-economico, quello di riallestire la solidarietà, e propone per il suo perseguimento alcune piste di lavoro: il superamento degli attuali target per l’erogazione dei servizi; il riorientamento degli stili di vita, spesso viziati da vere e proprie “aspettative bulimiche”, non solo in relazione ai consumi, ma anche nelle attese nei confronti delle istituzioni; il lavoro con soggetti non stigmatizzati; la promozione di un cambiamento di paradigma, da una dimensione prettamente individuale a una comunitaria.

Sostiene ancora Mazzoli infatti, che welfare e democrazia abbiano destini incrociati e che il welfare sia il terreno adatto per ripensare democrazia e partecipazione, il che consentirebbe anche di affrontare i nodi derivanti dalla diminuzione, a fronte dell’aumento della complessità e della problematicità, delle risorse per il sociale. I cittadini infatti, sempre secondo Mazzoli, dovrebbero essere coinvolti nel sistema dei servizi, non solo come utenti ma come collaboratori e questo probabilmente consentirebbe di generare e inventare nuove risorse, sotto la regia del terzo settore, il cui ruolo,andrebbe comunque ripensato, in particolare rispetto alla sua capacità di creare una solidarietà perimetrata, spesso concentrata su alcune nicchie e inaccessibile ad altri. Compito fondamentale delle istituzioni è quello di creare da un lato commistioni al di fuori del perimetro, valorizzando la capacità di autopromozione della società civile, senza che ciò significhi affidarsi completamente alle sue capacità auto-regolative. In sostanza il ruolo del pubblico per Mazzoli dovrebbe essere quello di rappresentare una sorta di “broker di territorio”, che accompagni la crescita delle esperienze e ne valorizzi l’autonomia, senza sostituirsi alla cooperazione e senza abdicare alle funzioni di verifica e monitoraggio che gli sono proprie.

Le esperienze innovative

è stato presentato da Isabella Menichini il progetto di costruzione condivisa e partecipata delle politiche del Welfare del Comune di Parma. Esso parte dal presupposto che i problemi sociali di una comunità non sono relegabili ai servizi comunali ma riguardano appunto la comunità nel suo insieme, e dall’intera comunità vanno affrontati mediante un ruolo attivo e partecipe di tutti gli attori (istituzioni, associazioni cooperative enti non profit, ma anche cittadini e famiglie), per dare vita a una nuova architettura comunitaria basata sul binomio opportunità/responsabilità, oltre che sul senso di solidarietà, appartenenza, rigore e rispetto nell’utilizzo dei beni comuni e nell’osservanza delle regole.

L’esperienza del piano strategico metropolitano del Comune di Bologna è stata illustrata da Daniela Oliva che ha rilevato come esso non rappresenti un processo di programmazione, quanto piuttosto la costruzione di una vision che regolerà la programmazione in una prospettiva di lungo periodo, ossia per i prossimi 10-20 anni, mediante la convergenza delle molte vision differenti e talvolta divergenti dei tanti soggetti partecipanti. Si tratta di un progetto la cui innovatività, mette ancora in evidenza Oliva, risiede nella dimensione metropolitana, nell’assenza di grandi eventi propulsori e di finanziamenti dedicati.

Francesco Frieri e Carla Golfieri, dell’Unione di Comuni Bassa Romagna, hanno illustrato il percorso che ha portato all’approvazione del Piano strategico Bassa Romagna 2020, evidenziando come esso rappresenti un nuovo strumento di programmazione che non si sostituisce agli strumenti ordinari, ma li affianca, costruendo nuovi target rispetto a quelli tradizionali, grazie al lavoro di gruppi di progetto, valorizzando la partecipazione, mediante l’utilizzo del metodo del consensus building e promuovendo il territorio, con la creazione di occasioni di occupazione e di impresa.

Il percorso di partecipazione alla programmazione da parte del Terzo settore, mediante la costituzione di un apposito Tavolo all’interno della CTSS della Provincia di Bologna, è stato ricostruito da Luca de Paoli del Forum del Terzo Settore, mentre Simone Bandini e Fausta Martino hanno affrontato il tema della sperimentazione territoriale nel quartiere di Villafranca del Comune di Forlì. Si tratta di un progetto di partecipazione attiva dei cittadini, anche in vista di una loro responsabilizzazione, quali parte necessaria della macchina comunale, alleati e collaboratori dell’istituzione. Il progetto nasce dalla mappatura del territorio, prosegue con l’individuazione delle figure di supporto e si vale di innovativi strumenti di partecipazione come quello del teatro forum, oltre che di organismi altrettanto innovativi come il Comitato di Partecipazione e il comitato di quartiere.

A concludere i contributi sulle esperienze, quella del percorso di co-progettazione partecipata del Comune di Casalecchio di Reno, illustrata dall’Assessore Massimo Bosso. Il progetto, di ambito distrettuale, ha seguito tre filoni progettuali: la riprogettazione di spazi di solidarietà comunitaria declinata in vari contesti, il sostegno alla famiglia, la promozione dell’occupazione giovanile. La governance progettuale ha visto il coinvolgimento di diversi livelli (assemblea, tavolo di negoziazione, cabina di regia, gruppo di formazione) che hanno dato vita a momenti di condivisione ampia del percorso da parte della comunità, mediante assemblee pubbliche, l’avvio di formazione, la costituzione di gruppi di lavoro e di ulteriori tavoli di negoziazione, che sono tuttora attivi.

Integrazione delle politiche

è intervenuto il Direttore Generale Sanità e Politiche Sociali della Regione Emila Romagna, Tiziano Carradori, che ha illustrato la struttura del sistema sanitario regionale evidenziando come le linee di riorganizzazione del medesimo  siano ancora in corso di definizione. Le traiettorie del cambiamento, che necessariamente devono confrontarsi col problema della sostenibilità economico finanziaria, seppure Carradori ha voluto sottolineare che il nostro paese non è tra quelli Ocse che spende di più per la salute, si basano sulla responsività generale, sulla difesa del sistema universalistico, sul miglioramento della qualità e dell’efficienza, mediante la motivazione e la valorizzazione del capitale umano e sulla creazione di rete. Soffermandosi sul problema della cronicità, che spesso vede la concomitanza di più malattie croniche, Carradori ha richiamato la  necessaria presa in carico delle situazioni di vulnerabilità, per evitare che si cronicizzino e il ruolo centrale svolto dall’integrazione nel perseguimento di tale obiettivo, nonché della rete nella riorganizzazione degli ospedali e della medicina generale.

Le proposte di azione

Vincenza Pellegrino dell’Università di Parma ha illustrato l’esperienza del Community Lab, quale metodo che ha portato all’elaborazione di linee guida per la programmazione partecipata, in vista della realizzazione di un welfare di comunità. In esso la sperimentazione diviene parte integrante e strutturata dei piani di zona, e si articola nell’idea di cura dei soggetti che vi partecipano, cittadini e gruppi, e nella cura dei processi, passando per l’individuazione e la formazione di nuovi operatori che vivano in modo diverso il loro compito istituzionale, sul modello del facilitatore norvegese, e dell’assistente di comunità di Brasile e Svezia.

A chiusura della mattinata Maura Forni ha sottolineato l’importanza di legare il fare alla partecipazione, nel senso di chiedere un’azione concreta a quei soggetti che sono solitamente abituati a chiedere prestazioni all’istituzione, in un’ottica di promozione e riconoscimento delle capacità e dell’autonomia dei singoli, ma anche di costruzione di fiducia reciproca tra cittadini e istituzioni.

 

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ultima modifica 2014-05-15T13:39:00+01:00
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