2 novembre 2023: saluto a Giovanni Bastianini
Nella giornata di giovedì, 2 novembre 2023, è mancato Giovanni Bastianini, che per anni ha ispirato, insieme ad altri, l'esperienza del servizio civile. In Regione abbiamo avuto il piacere di conoscerlo nel 1997, collaboratore del Ministro della difesa, Beniamino Andreatta, nel progetto sperimentale voluto da Andreatta insieme al Presidente della Regione, Antonio La Forgia, per la valorizzazione del servizio civile degli obiettori di coscienza e delle ragazze volontarie (1997/99), con alcuni significativi contenuti: partecipazione volontaria delle ragazze al servizio civile sperimentale, banca dati dei progetti di servizio civile, orientamento delle persone alla scelta del progetto, formazione degli operatori responsabili dei progetti di servizio civile, formazione degli obiettori e delle ragazze volontarie impegnati/e nei progetti - una parte generale uguale per tutti e una parte tematica specifica, legata agli obiettivi ed alla cultura con la quale operare all'interno di ogni progetto -, comunicazione e informazione sul servizio civile, rilascio delle certificazioni di competenza, controllo sugli impegni degli obiettori e delle ragazze volontarie, conferenza regionale sul servizio civile.
Tante le occasioni di incrocio negli anni successivi, particolarmente significativo l'intervento di Bastianini il 2 dicembre 2002 a Piacenza, per la Seconda Conferenza regionale sul servizio civile, organizzata dalla Regione sull'attuazione delle leggi n.230 del 1998 e n. 64 del 2001 nella prospettiva della sospensione dell'obbligo di leva, a trenta anni dalla approvazione della legge n. 772 del 1972; per salutare Bastianini riportiamo di seguito la parte finale della sua relazione:
"... Il Parlamento ci ha messo in mano, ha messo a disposizione delle famiglie, degli Enti e delle istituzioni uno strumento per dialogare con i giovani nell’area della concretezza, della realtà “reale” e non virtuale, dei bisogni reali e non fittizi, dei meccanismi sociali reali che sorreggono la vita delle persone, che continuano ostinatamente a non essere solo individui ma persone che vivono e vivono bene in funzione della loro rete di relazioni. Il Parlamento ha approvato una legge funzionale per una cultura di minoranza e per una minoranza di persone che la vivono e la incarnano. Il problema è: i giovani hanno fiducia in noi adulti che viviamo questa cultura di solidarietà, di cittadinanza, di responsabilità civile oppure no? Credo che la loro fiducia sia giustamente scarsa e soprattutto molto selettiva. Credo che la sfida del Servizio Civile sia quella di immaginare un lavoro di giovani ed adulti insieme, dove gli anziani possono trasmettere qualcosa ai giovani, un saper fare, probabilmente un sapere essere, un sapere chi si è, la coscienza che siamo debitori per il fatto di esserci, il sapere che l’uomo è sociale e solidale, che siamo abitanti della città ma la città non è un diritto acquisito ma una costruzione, è ciò che abbiamo costruito assieme ad altri, è ciò che abbiamo ereditato assieme ad altri da coloro che sono venuti prima di noi. Possiamo trasmettere ai giovani la collaborazione, la capacità di sforzo collettivo, la capacità di cooperare come la dimensione normale dell'essere uomini: questa è la cittadinanza, la solidarietà come virtù quotidiana, come dimensione normale, non eroica né straordinaria né eccezionale della vita di tutti i giorni di ciascuno di noi. Possiamo trasmettere il bisogno di realismo, di capacità critica, di uscire dal virtuale per tornare ai fatti concreti, di disegnare in modo concreto i parametri del successo personale, di ritrovare percorsi concreti per essere più felici. Possiamo trasmettere una cultura di partecipazione, di assunzione di responsabilità, del lasciarsi coinvolgere dai bisogni di quanti ci stanno intorno come dimensioni normali della vita dell’uomo, riducendo lo spreco di etica del sacrificio, dello sforzo, dell'impegno “esemplare” che noi scomodiamo quando parliamo dell’impegno sociale o del volontariato. Ma oltre che a trasmettere, a “educare”, a formare, a insegnare, noi adulti dobbiamo avere la disponibilità ad un confronto aperto, alla pari, con i giovani, disposti anche ad imparare da loro, ad accettare i loro punti di vista diversi, ad accettare la critica, le proposte, i contributi che dai giovani ci possono venire. Dovremo fare uno sforzo per distinguere la sostanza che ci permette di lavorare insieme dalla diversità dei linguaggi e dei modi, che può essere un ostacolo. Del resto la collaborazione è possibile, ed è resa necessaria proprio perché la nostra generazione non ha creato per sé e per le nuove generazioni il migliore dei mondi possibili: c’è molto da fare, molto da imparare da quello che siamo riusciti a fare, ma anche dagli errori che abbiamo fatto, e nessuno più dei giovani può aiutarci a riconoscerli, a diagnosticarli e a correggerli, se siamo disponibili. Ecco dove sta il rapporto tra servizio civile e istituzioni, Enti e genitori: nella possibilità che ci viene data non solo di aprire spazi di dialogo e di confronto - sarebbe già molto – ma anche spazi operativi, dove possiamo aiutare i giovani ad assumersi responsabilità, a imparare a sbagliare in proprio, a darci degli ordini, ad organizzare, progettare, gestire. Insieme a loro possiamo inventarci risposte nuove, superare vecchi schemi. Io spero veramente che i vecchi progetti di Servizio Civile spariscano, insieme alle tentazioni che necessariamente comportano di uso strumentale delle giovani “risorse umane volontarie” da destinare a rimpiazzo degli scomparsi obiettori, per cedere il posto a progetti di gruppi di persone che negli Enti affrontano in modo nuovo i bisogni sociali, appassionandosi all’idea di sperimentare l’avventura di un lavoro comune tra generazioni diverse. Nei trent'anni del vecchio Servizio Civile degli obiettori non abbiamo avuto mai un feed back, un resoconto dei risultati, un’analisi oggettiva di ciò che è stato realizzato, e anche per questo motivo la strada del nuovo servizio civile su base volontaria parte con molte incognite. Sono molte di più le cose che non sappiamo di quelle che possiamo dire di conoscere. Ma una previsione semplice semplice si può azzardare: in tutti gli Enti dove ci sono adulti appassionati che si impegnano, che accettano sfide alte, che non hanno secondi fini e i timori spesso celati dietro questi, i giovani volontari li troveremo soddisfatti. Se invece l'Ente prova a barare, a contrabbandarsi come un ente “progettuale” e presenta progetti che sono solo ricerca di manodopera a basso costo compensata dai pochi euro della paga e da qualche benefit, o dalla promessa di un inutile “attestato di partecipazione”, e chiede ai ragazzi prestazioni e non responsabilità e coinvolgimento, allora dobbiamo augurarci che questo ente trovi pochi volontari, e quei pochi siano messi nelle condizioni di svelare il trucco, di denunciare il bluff, di dire la verità. Tenere il nuovo servizio civile al riparo dalle manipolazioni, su un terreno di verità, credo sia la più solida e migliore garanzia, e il miglior auspicio, che possiamo darci, per i giovani ma anche per per tutti noi che al servizio civile crediamo e ci impegniamo a realizzarlo.
Grazie, Giovanni Bastianini