Con la L.R. 11/2015, la normativa regionale in materia è stata allineata agli impulsi provenienti dall’Unione europea, prima tra tutti la Comunicazione 173 del 5/4/2011 (PDF - 114.7 KB) “Quadro UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020” che prevede che gli Stati membri adottino misure di intervento nell’ambito delle politiche più generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita dei rom attraverso 4 assi prioritari: occupazione, istruzione, salute, condizioni abitative.

Primo effetto della Comunicazione è stato l’individuazione, nel 2012, del “Punto di contatto nazionale” all’interno dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il 24 febbrario 2012 il Consiglio dei Ministri ha poi adottato la "Strategia nazionale d’inclusione dei Rom Sinti e Caminanti (PDF - 4.8 MB), per l’attuazione della Comunicazione Commissione UE 173/2011”, approvata dalla Commissione europea il 22 maggio 2012.

In secondo luogo, la nuova legge ha aggiornato gli strumenti di regolazione, programmazione e governo della materia, semplificando la disciplina contenuta nella precedente legge regionale che rispecchiava rapporti tra Regione ed Enti locali fissati prima della riforma del titolo V della Costituzione.

Infine, il legislatore ha preso atto di come il nomadismo fosse ormai divenuto un fenomeno residuale per comunità ormai stanziali da anni.
A questo proposito, un fenomeno peculiare dell’Emilia-Romagna è stato la tendenza di molti nuclei sinti ad uscire dalle aree sosta pubbliche, create grazie alla precedente Legge regionale, per stabilirsi in piccoli appezzamenti agricoli di loro proprietà.
Sono così nate, spontaneamente, piccole aree insediative dove nuclei familiari allargati hanno stabilito la propria residenza: come si vedrà nel paragrafo dedicato ai dati, si tratta di 75 insediamenti sui 144 complessivamente rilevati al 31.12.2017, pari quindi al 52,1% (fonte: rilevazione condotta dal servizio regionale competente, alla data del 15/12/2015).

Negli anni precedenti la legge 11/2015 questa propensione dei sinti aveva indotto alcune Amministrazioni a sperimentare le cosiddette “microaree”, sostanzialmente aree sosta pubbliche di dimensioni più contenute in cui far risiedere nuclei familiari.
Caratteristica delle microaree è consentire condizioni di vita migliori alle famiglie, rispettarne le specificità culturali rispetto al tema dell’abitare, favorirne l’autonomia e l’emancipazione, avere un impatto meno forte sul tessuto sociale, creare i presupposti per l’autogestione responsabile e indipendente delle aree stesse, sgravando le Amministrazioni dei costi, spesso considerevoli, sostenuti annualmente per la gestione e manutenzione delle aree sosta pubbliche (per approfondimenti, si veda il paragrafo 1 - Asse Abitare - della Strategia regionale per l'inclusione di rom e sinti).
Queste ultime, nate a partire dalla fine degli anni ’80, hanno senza dubbio rappresentato anche per le comunità stesse un miglioramento oggettivo delle condizioni di vita condotte fino ad allora.
Oggi però non sono più adeguate alle nuove necessità di integrazione in quanto, per le loro caratteristiche, non facilitano l’integrazione delle comunità che vi risiedono, sono fonte di disagio e di tensione sociale per e con la cittadinanza, di stigmatizzazione e auto isolamento per chi vi risiede.

La L.R. 11/2015, che segue l’impianto delle disposizioni europee e nazionali che l’hanno preceduta, è stata organizzata per quattro assi fondamentali: abitare, scuola e formazione, lavoro e salute.
Ognuno di questi assi è ovviamente fondamentale per il benessere di ogni cittadino e cittadina; attraverso la legge 11, il legislatore ha comunque voluto focalizzare in particolare l’attenzione sull’asse dell’abitare, individuato come possibile strumento in grado di attivare processi di integrazione ed autonomia.
L’art. 3 della L.R. 11 ha introdotto infatti l’obiettivo del superamento delle aree sosta così come normate dalla precedente L.R. n. 47/1988, in particolare quelle di grandi dimensioni, in quanto fonti di esclusione e discriminazione.
Per il raggiungimento di questo obiettivo ha introdotto, a fianco delle forme abitative tradizionali, le “microaree familiari”.

Le microaree sono una tipologia già sperimentata in Emilia-Romagna ma non ancora normata, che è stata individuata proprio nel confronto con le rappresentanze di rom e sinti, quale ulteriore soluzione a carattere temporaneo, nella prospettiva della piena integrazione dei nuclei e del passaggio verso forme abitative ordinarie.
Con la direttiva approvata con DGR 43/2016 la Giunta regionale ha quindi voluto disciplinare questa nuova tipologia, al fine di fornire alle amministrazioni locali precisi riferimenti di natura urbanistica, edilizia e procedurale.

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